Da Nosy Be a Diego Suarez: i parchi e le riserve naturali del nord
“A Nosy Be ci accoglieranno i membri dell’associazione Manampy Zaza Madiniky dandoci il loro “Tonga soa” (benvenuto) a Nosy Be. Entreremo in contatto con la vera vita malgascia e il caratteristico motto “mora mora” (piano piano), lontano dal lusso dei resort. Conosceremo e visiteremo i progetti umanitari nati in collaborazione con l’associazione italiana Gente d’Africa Onlus. Nell’isola di Sakatia e Nosy Komba incontreremo donne malgasce, impegnatissime nelle loro cooperative locali di ristorazione e avremo occasione di assaggiare i loro gustosissimi piatti, presso le loro “gorgotte” locali sotto le palme ai piedi del mare. Non mancheranno le serate interculturali con complessi musicali malgasci, che ci allieteranno con i ritmi del salegy, una musica popolare malgascia.”
Viaggi Solidali
Catturato da quanto citato poc’anzi decido di partire per il Madagascar.
Dall’Italia con scalo ad Addis Abeba arriviamo a Nosy Be, la seconda isola più grande del Madagascar, dopo la “Grand Ile”.
Iniziamo il nostro viaggio lentamente, visitando i dintorni con la bella spiaggia di Ambondrona per arrivare al villaggio “Mpamaky vato” (spaccatori di pietre) dove distribuiamo prodotti per l’igiene personale. Il villaggio è in realtà un agglomerato di costruzioni precarie, sorte intorno ad una cava di pietre; man mano che aumenta il lavoro d’estrazione, il villaggio si espande, senza però regole e servizi. I cavatori arrivano con tutta la famiglia, e fin da piccoli i bambini imparano a lavorare trasportando e selezionando il materiale estratto. Il nostro viaggio finanzia il progetto “Tsikitsiky” 1 per promuovere e garantire il diritto allo studio, alle cure mediche e all’alimentazione per i minori di questa realtà.
Una delle principali attrazioni turistiche di Nosy Be è senz’ombra di dubbio il Lemuria Land: una riserva naturale e botanica tra gli ylang secolari e la vegetazione lussureggiante; al suo interno abbiamo la possibilità di vedere oltre a tantissime specie di lemuri, anche il Lemur catta – “Maki”, specie in via di estinzione. All’interno del parco, vi è anche una distilleria che dai fiori del ylang, pianta originaria del Sud Est asiatico, si ricava , con un processo di distillazione un olio essenziale, destinato alla preparazione di profumi di lusso, di cosmetici e di prodotti per l’aromaterapia. Nel 1926 questa essenza è stata resa famosa da Coco Chanel, con il profumo Bois de Iles.
Il nostro lento girovagare per l’isola ci porta presso l’Arbre sacré de mahatsinjo, un enorme Ficus religiosa, piantato dai coloni indiani in onore della visita sull’isola di una regina indiana nel 1837; per accedere all’area è necessario coprirsi con un pareo le spalle e le gambe ed entrare a piedi nudi.
Proseguiamo la visita con le suggestive Cascade de Nosy Be, e la salita su una collina nella parte centrale dell’isola, per assistere al tramonto con vista sul Lac Amparihibe e in lontananza l’isola di Nosy Sakatia.
Salutiamo temporaneamente Nosy Be, per approdare sulla “Grand Ile” con direzione verso la “Réserve spéciale d’Ankarana”. Il viaggio è lungo e le strade sono in pessime condizioni: per affrontare 200km impieghiamo infatti tutto il giorno. La lentezza del viaggio rende però possibile ammirare le piantagioni di spezie e jack fruits che si susseguono ai lati della strada, di scoprire l’animata vita dei villaggi, i suoi venditori ambulanti ed i caratteristici tuk tuk gialli in attesa di clienti. All’ingresso del parco d’’Ankarana, ci sistemiamo in un modesto camping, con una decina di “boungalow” in legno e tetto in lamiera; una sistemazione senza fronzoli, con l’alimentazione elettrica garantita da un generatore attivo solo poche ore al giorno. La visita della riserva del massiccio dell’Ankarana ci impegna per tutto il giorno seguente. Iniziamo con l’attraversare piccoli sentieri all’interno di una foresta lussureggiante, guidati da alcune guide che, di tanto in tanto, ci fanno scoprire i piccoli lemuri o gli enormi baobab. Terminata la zona boschiva, si apre un deserto privo di vegetazione con un complesso di pinnacoli rocciosi, chiamati “tsingy”; il sentiero si fa più impegnativo e si snoda attraverso a queste torri calcaree, per giungere in prossimità di un profondo canyon; per gli amanti dell’avventura è possibile proseguire il sentiero, attraversando la spaccatura su un traballante ponte di corde.
Il giorno seguente, proseguiamo sempre più verso Nord, attraversando il vivace mercato nel villaggio di Anivorano, per arrivare in prossimità di un maestoso canyon. La deforestazione subita dalla regione e la conseguente erosione ha creato, ai piedi di questo avvallamento, immense formazioni di color rosso ocra: i “camini delle fate” o Tsingy Rossi. A differenza di quelli visti il giorno precedente, questi hanno la caratteristica di essere formati da materiali molto meno duri del calcare e così, forti piogge o piene importanti possono modificare rapidamente il paesaggio, distruggerne alcune parti e crearne di nuove.
Raggiungiamo in serata la prima e unica vera città che vedremo in questo viaggio, la “Perla del Nord” Antsiranana (nota fino al 1975 come Diego-Suarez).
“Con le sue ampie strade, i vecchi edifici di epoca coloniale e l’atmosfera vivace, Diego è una base attraente da cui esplorare la regione settentrionale del Madagascar. Mentre la città ha un ritmo lento (quasi tutto chiude tra mezzogiorno e le 15:00 mentre i residenti si concedono lunghi sonnellini pomeridiani), c’è una pletora di buoni ristoranti, posti dove stare e molti negozi.”
Lonley Planet
Poco distante dalla città, si trova il parco nazionale della Montagna d’Ambra, che si sviluppò attorno all’ omonimo vulcano: è ricoperto da una lussureggiante foresta pluviale, alimentata da numerosi corsi d’acqua. L’esplorazione del parco, che affrontiamo ad un ritmo rilassato, ci impegna tutta la giornata; possiamo così goderci appieno quest’angolo di foresta, senza incontrare altri visitatori. Nel parco sono state censite oltre 1000 specie vegetali, tra cui alcuni esemplari del raro baobab di Perrier, diverse specie di lemuri, camaleonti e l’aye-aye (un animale dalle orecchie da pipistrello, la faccia da volpe, gli occhi da gatto, il corpo da scimmia, le mani da strega e la coda ed i denti da scoiattolo): si tratta infatti di un animale unico nel suo genere! Al termine del trekking, dedichiamo un po’ di tempo alla visita di Jofreville; la cittadina fu creata a inizio novecento dai coloni, che volevano sbarazzarsi del caldo opprimente di Diego-Suarez e sebbene alcune case coloniali siano state abbandonate da tempo, ha ancora un aspetto affascinante.
Rientrati a Nosy Be, dopo un lungo viaggio ricco d’incontri on the road e prima di goderci gli ultimi giorni di mare, passiamo alla scuola “Alberto Cremona”. Questo istituto è gestito dalle suore della Congregazione di San Giovanni Battista, dove molti bambini ricevono un’istruzione che i loro genitori non hanno avuto la fortuna di avere. E’ lì che lasciamo la nostra quota di solidarietà, che contribuisce ad iscrivere 35 studenti in questo istituto, per l’anno scolastico 2018-2019.
Iniziamo la scoperta delle meraviglie marine con Nosy Antanihely, “l’isola della piccola terra” o Nosy Tanikely, un’ area marina protetta; nonostante la sua piccola dimensione, é riconosciuta per la sua biodiversità marina e terrestre. Oltre all’immancabile snorkeling, non ci sfugge la visita al suo faro, costruito ad inizio del 1900. Quando i turisti di massa dei resort iniziano ad approdare sulla spiaggia, noi fuggiamo nella parte sud di Nosy Komba, in un grazioso e solitario ristorantino sulla spiaggia, dove neanche a dirlo siamo i soli visitatori…
Altro giorno, altra isola: Nosy Iranja; non ci sono parole meglio adatte a descriverla se non citare la leggenda della sua creazione:
“in un remoto passato, l’amore di una giovane ragazza fosse oggetto d’invidia da parte di un signore. Costui avrebbe pertanto commissionato a uno stregone di preparare un sortilegio, che aveva il compito di trasformare la ragazza e il suo innamorato, in due isole separate che, seppure estremamente vicine, non avrebbero potuto sfiorarsi per tutta l’eternità. Nacquero così le due isole di Nosy Iranja: la Grande Nosy Iranja Be, e la piccolissima (e disabitata) Nosy Iranja Kely. Presi da pietà, il sole e la luna, si sarebbero messi d’accordo per creare, insieme, le condizioni affinché le due isole potessero toccarsi: quando le acque piano piano si ritirano, ecco fare capolino il percorso di sabbia, che fa di due isole un’unica isola, legando i due innamorati di un tempo e dando la nascita a un paesaggio davvero unico.”
leggenda Malagascia
Vicino a Nosy Sakatya abbiamo la fortuna di assistere ad uno spettacolo affascinante: il passaggio di alcune balene; infatti tra agosto e novembre le megattere migrano dalle fredde acque dell’Antartide, per partorire nelle calde acque tropicali della baia di Nosy Be. Oltre a questi indimenticabili avvistamenti a Nosy Sakatya, nuotiamo a pochi metri da alcuni esemplari di testuggine; il basso fondale e una distesa di alghe di cui questi animali vanno ghiotte, permette con facilità di scorgerle e per un pomeriggio condividere la bellezza di quest’isola.
A Nosy Be è ormai ora di preparare i bagagli, ma prima un tuffo a Hell Ville, la piccola capitale, per gli ultimi acquisti al mercato locale.
Il Madagascar mi è entrato nel cuore e non è facile salutare gli amici di Villa Magigny che ci hanno ospitato.
Notes:
- Sorriso, in lingua malgascia ↩