Namibia Sudafrica

Ciò che non hai mai visto lo trovi dove non sei mai stato.

Proverbio africano

Per l’estate 2006 ero alla ricerca di un safari e, memore dei racconti di amici e conoscenti che in Namibia avevano già sperimentato l’organizzazione di Avventure nel Mondo , la scelta della destinazione fu cosa facile: l’itinerario scelto è Namibia – Sud Africa…

A causa di un guasto meccanico alla mia macchina fotografica alcune fotografie inserite di seguito mi sono state fornite dall’amico Gianluca che ha preso parte con me a questo viaggio.

 

15agosto2006

Da Milano a Parigi ed in coincidenza a Johannesburg, dove arriviamo la mattina seguente.

16agosto2006

Dopo una breve attesa che ci permette di esplorare il duty free di Joburg, ci imbarchiamo per Windhoek dove giungiamo nel primo pomeriggio.
Già atterrando ci si rende conto di arrivare in un paese sconfinato e assai poco abitato, l’aeroporto sorge infatti in mezzo al nulla e la strada asfaltata che conduce in centro alla capitale namibiana è una linea retta che taglia l’altopiano circostante, Windhoek sorge infatti a circa 1600 metri.
Appena atterrati una parte del gruppo si dirige immediatamente a sbrigare le formalità per ritirare i tre fuoristrada noleggiati, mentre la restante parte attende fiducioso l’arrivo dei bagagli… che purtroppo non arrivano completi e, cosa ben più grave, quelli che mancano contenevano l’attrezzatura da campeggio ed i sacchi a pelo (sigh!). Una raccomandazione da fare a chi sfruttando questo diario di viaggio vorrà seguire il nostro esempio è quella di controllare minuziosamente i veicoli e segnalare con perizia gli eventuali bolli o ammaccature presenti sulla carrozzeria e soprattutto di verificare la corretta efficienza della serratura del portellone posteriore, noi abbiamo perso alcuni bagagli a causa della chiusura difettosa . Giunti in città al tramonto e con gli ultimi rifornimenti da fare non abbiamo modo di visitarla; in realtà leggendo le informazioni da alcune guide sembra non ci siamo persi un granché. Per la nostra prima notte in terra africana lasciamo ancora ripiegata la tenda e sistemiamo i bagagli presso la Puccini House in Puccini Str. Si tratta di una serie di bungalow costruiti intorno alla dimora principale e affacciati su di un giardino con una piccola piscina; la cosa che si nota immediatamente del quartiere che ci ospita, ed in seguito sarà una costante di tutte le città che visiteremo, è che su tutte le recinzioni è onnipresente il filo spinato ed in alcuni casi addirittura elettrificata. Anche le precauzione che ci detta la padrona di casa (una donna “bianca”) lasciano presagire  una difficile convivenza tra la minoranza bianca (6%) e la maggioranza di neri… La serata la trascorriamo cenando in una Steak House, mi pare fosse la Grand Kenyon Steak House; sia all’ andata che al rientro dalla cena, incontriamo praticamente nessuno, eccezione fatta per alcuni operai impiegati come maestranze in cantieri edili.

17agosto2006

La prima notte in terra d’Africa scorre via tranquilla, riposando sotto uno spesso piumone per ripararci dall’inaspettato freddo. La mattina di buon’ora, dopo una abbondante colazione consumata nel patio della casa centrale e sistemati tutti i bagagli, si parte facendo rotta verso l’ingresso più a Ovest del Parco Nazionale Etosha. Lasciando la capitale e prima di imboccare la Strada Nazionale B1 attraversiamo alcuni quartieri residenziali dove il filo spinato la fa da padrone e gruppi di uomini di colore seduti ai margini delle strade sono in attesa di un possibile lavoro. La prima sosta della giornata la registriamo presso la cittadina di Okahandja, dove rabbocchiamo il serbatoio di carburante dei nostri mezzi. La pausa è gradita anche per prendere contatto con il primo mercatino di oggetto d’artigianato che ci apre finalmente le porte sulla vera Africa, o perlomeno su quello che è nel mio immaginario. Quella di oggi è prevalentemente una giornata di trasferimento ma non per questo meno interessante, infatti ai margini della strada iniziamo a prendere contatto con i primi animali liberi: osserviamo colonie di babbuini e qualche solitario struzzo. La seconda sosta avviene presso Otjwarongo, nuovamente per rifornirci di carburante; impariamo presto che considerate le grandi distanza e la scarsa presenza di distributori è indispensabile beneficiarne ogni qualvolta se ne ha l’occasione. Parte del gruppo ne approfitta anche per acquistare l’attrezzatura da campeggio andata smarrita durante i numerosi scali del giorno precedente. Poco prima del tramonto, giungiamo all’ingresso del Parco Nazionale Etosha dove dopo esserci registrati, proseguiamo per il campo attrezzato di Namutoni. Finalmente le nostre tende vengono montate ed il fuoco da bivacco viene acceso. Come già la sera precedente, il freddo ci assale, è incredibile come appena il sole scivoli oltre l’orizzonte la temperatura scenda rapidamente passando dai circa 25°C agli 8°C per poi abbassarsi ulteriormente nel corso della notte. Nonostante il clima non vogliamo perderci lo spettacolo degli animali che si recano alla pozza d’acqua ad abbeverarsi e quindi percorriamo il breve sentiero che dalle nostre tende ci porta alla pozza illuminata. Le aspettative sono molto alte, ma vediamo solamente un’antilope e qualche licaone…

18agosto2006

La prima notte in tenda passa con qualche brivido di freddo, specialmente per chi del gruppo non dispone di attrezzatura idonea, ma al mattino l’entusiasmo è alto e dopo un abbondante colazione lasciamo il campo e con tutti i bagagli al seguito diamo inizio al “safari fotografico”.
Procediamo lungo la pista sterrata in direzione Ovest, prendendo di tanto in tanto delle deviazioni che ci portano in posizioni panoramiche o nelle vicinanze di qualche pozza d’acqua dove gli animali vanno ad abbeverarsi. In principio un po’ timidamente e poi con sempre meno pudore iniziamo ad avvistarne vari esemplari; è un crescendo di emozioni, dalle gazzelle, ai facoceri, alle aggraziate giraffe. Terminiamo con l’avvistare alcuni leoni tra i cespugli al margine della pista sabbiosa. Gli animali sono realmente a pochi metri dalle nostre vetture e sembrano indifferenti e abituati a tutto il frastuono che non possono non avvertire intorno a loro. La prima cosa che si nota è il buono stato in cui appaiono gli animali, opinione maggiormente avvalorata da alcuni membri del gruppo che avevano già avuto occasione di visitare altri parchi (in Kenya) e non gli avevano trovati in condizioni così buone. I luoghi dove si ha una possibilità maggiore negli avvistamenti sono gli abbeveratoi, sia artificiali che naturali; infatti proprio in uno di essi riusciamo a fotografare e ammirare in tutta la sua mole una piccola mandria di elefanti intenti a bere e rinfrescarsi spruzzandosi del fango addosso. La sera, dopo aver terminato le rituali operazioni di allestimento del campo presso il campeggio di Halali, proviamo ad andare nuovamente alla pozza d’acqua illuminata. Le aspettative non sono molte, vista l’esperienza della sera precedente, ma come spesso ci succederà in questo viaggio la Namibia ci sorprenderà. Infatti, appena giunti riusciamo a vedere una piccola mandria di bufali che si sta allontanando. Dopo un attimo di pausa ecco uscire dalle tenebre della sera un grosso esemplare di rinoceronte, si avvicina con fare circospetto e dopo essersi abbeverato si fa nuovamente avvolgere dall’oscurità. L’entusiasmo tra il gruppo è alto, questa è stata una giornata incredibile ma, attenzione, rispunta uno, no, due rinoceronti e questa volta sono accompagnati dal loro piccolo; forse il primo avvistamento era andato in avanscoperta per accertarsi della sicurezza del luogo per portare il cucciolo.

19agosto2006

La notte trascorre tranquilla abbracciati dal caldo tepore del sacco a pelo e ai primi raggi del sole siamo già in marcia per la pozza della sera precedente; questa volta non avvistiamo nulla e dopo un tempo indefinito, il primo sole del mattino e il silenzio della savana ovattano il tutto, facendo perdere il senso dello scorrere tempo, ci apprestiamo a smontare le tende e caricarle sui mezzi per prendere la pista verso il campo di Okaukuejo. Lungo il percorso ci fermiamo nei vari punti d’osservazione segnalati sulle mappe ma, i “soliti” animali non destano più la nostra attenzione; ma all’ennesima pozza ecco la nuova sorpresa della giornata, una famiglia di leoni intenta ad abbeverarsi. Le fotografie, seduti fuori dal finestrino, volano via a centinaia e quasi non ci curiamo del fatto che potremo destargli insani appetiti. Riprendendo il cammino incontriamo ancora mandrie di zebre e giraffe fino ad arrivare ad uno stretto istmo di terra che si tuffa in mezzo al “pan”, dove il nulla può prendere senso. Ci ritroviamo di fronte una tavola piatta priva di ogni forma di vita che si estende a perdita d’occhio. Ripreso il sentiero principale ci ritroviamo nuovamente al cospetto di due leoni intenti ad amoreggiare all’ombra di una pianta; e poco prima del tramonto arriviamo in campeggio, dove provvediamo all’allestimento del campo. Anche questa sera non ci facciamo sfuggire l’occasione di visitare la pozza illuminata e come già accaduto la sera precedente non rimaniamo delusi. Appena arrivati, vediamo un grosso rinoceronte fissare un elefante quasi a sfidarlo o comunque intenzionato a sbarrargli la strada verso l’acqua; da parte sua il grosso pachiderma sembra stare al gioco e anzi pare intimidito visto che non azzarda ad avanzare. Al rientro verso le tende incontriamo uno strano personaggio, che con fare da esperto cacciatore ci spiega che questa notte sicuramente ci sarà uno scontro tra leoni e iene per impossessarsi della pozza d’acqua, e ad ogni rumore proveniente dalla savana cerca di interpretare il segnale come conferma di quanto detto precedentemente… forse i fumi del alcol gli hanno create queste allucinazioni come ad un novello don Chisciotte; fatto sta che chi torna sui propri passi per rientrare al punto d’osservazione non assiste a nessun scontro e tantomeno avvistano il famigerato branco di leoni…

20agosto2006

Addio Etosha, lasciamo il parco dalla sua porta a Sud e puntiamo verso la regione del Fransfonteinberge. Quasi tutto il tragitto si sviluppa su strada sterrata in condizioni abbastanza accettabili, giungiamo per pranzo nella cittadina di Khorixas dove rabbocchiamo il serbatoio dei nostri mezzi e compriamo il pranzo che consumeremo alcuni kilometri più avanti all’ingresso del parco della foresta pietrificata di Versteende Woud. La visita della foresta la effettuiamo nel primo pomeriggio affiancati da una guida locale; il sito non presenta molto da vedere, ad esclusione di un grosso tronco pietrificato lungo più di 45 m. Secondo la spiegazione del nostro accompagnatore questi tronchi sarebbero arrivati dall’Africa centrale in seguito ad una colossale inondazione e poi una volta arenati sarebbero stati ricoperti dalla sabbia che privandoli dell’ossigeno si sarebbero fossilizzati. Successivamente alla visita, riprendiamo la strada in direzione di Twyfelfontein ma purtroppo nessuna dei tre mezzi si accorge dell’incrocio giusto e quando ci rendiamo conto dell’errore siamo ormai a più di 40 km di distanza e dobbiamo tornare indietro… Il percorso errato lungo la C39 è panoramico e ci sorprende ad ogni scollinamento e ad ogni dosso. La savana arida lascia il posto man mano che scendiamo verso sud ad una prateria caratterizzata da un colore verde- acqua, difficile da descrivere. Quando ormai arriviamo verso sera al campeggio, è tardi per visitare la zona con le incisioni rupestri e quindi decidiamo di montare il campo e rilassarci godendoci il tramonto. E’ incredibile però come in un posto così immenso si riesca a trovare un gruppo di Italiani maleducati e insofferenti pronti ad iniziare una lite con toni quasi volgari per decidere chi fosse arrivato prima sulla piazzola e avesse più diritto o merito di montare il campo in quel posto piuttosto che 50 m più avanti; fortunatamente il nostro gruppo è insofferente a queste provocazioni e preferisce starsene in silenzio a crogiolarsi con gli ultimi raggi del sole che a poco a poco scompaiono dietro l’orizzonte. La cena la consumiamo presso il ristorante locale apprezzando una zuppa e un piatto di carne grigliata con del riso e bevendo un paio di bottiglie di vino sudafricano.

21agosto2006

La notte vola via serena e anche l’aria che la sera precedente aveva dato alcuni problemi alle operazioni di montaggio nel corso della notte scompare. La mattina di buonora ci svegliamo avvolti da una nebbia surreale e prima ancora di fare colazione partiamo per la visita ai petroglifici. Alle 7,00 siamo già all’ingresso dell’area di Twyfelfontein e con una guida locale ci addentriamo tra i sentieri che si sviluppano tra la pianura e i pendii di questa valle. Iniziamo la visita da alcune incisioni rappresentanti animali e scene di caccia per giungere attraverso sentieri impervi fino al luogo dove si celebravano i riti sciamanici. Rientrati al campo e mangiata un abbondantissima colazione al ristorante della sera precedente, ci dirigiamo con tutti i mezzi carichi verso la Skeleton Coast. Ripercorriamo per alcuni tratti la strada percorsa erroneamente ieri e attraverso la Sprinbok Gate, entriamo nella Skeleton Coast Park dove lungo praterie disseminate di welviscia mirabilis arriviamo finalmente all’oceano, dove giriamo bruscamente verso Sud. La welviscia mirabilis è una pianta grassa che cresce in prossimità delle zone più aride del paese e all’apparenza sembra secca con le foglie cadenti ma è sufficiente bagnarla con poca acqua e vederla dopo pochi istanti rinverdirsi e sollevare le foglie. In lingua afrikaans viene chiamata tweeblaarkanniedood, che significa “due foglie non possono morire”. Il panorama lungo la costa è desolante, si attraversano zone completamente deserte e la strada scorre parallela al mare, che a tratti scompare dalla nostra vista, nascosto da basse colline sabbiose. Ad una nostra sosta lungo il tragitto per avvicinarci meglio all’oceano e vederlo infrangersi con violenza sulla battigia, veniamo ripresi a malo modo da una guardia privata che si materializza dal nulla, correndoci dietro con in mano un fucile… Raggiungiamo verso le 16,00  Cape Cross dove appena scendiamo dalle macchine, un forte odore di pesce avariato ci assale: siamo in presenza di una delle più numerose comunità di otarie di tutta la Namibia. Questi strani animali sono raggruppati in branchi sulla lunga spiaggia e ad un segnale, a noi poco chiaro, parte del gruppo si butta in mare in un istante, come una grossa onda che si infrange travolgendo quello che ostacola il proprio passaggio; la spiaggia infatti è seminata qua è là di carcasse di questi animali e alcuni sciacalli che sbucano dai cespugli si tengono pronti per il prossimo banchetto; tutto questo fa parte della natura delle cose, bella e romantica in alcuni frangenti e molto irruente in altri… Riprendendo la strada verso la cittadina di Swakopmund ci fermiamo ad assistere allo  spettacolo che il sole sa offrire quando alla fine del giorno scende oltre l’orizzonte. Gli ultimi chilometri che ci separano dalla meta odierna sono percorsi con l’oscurità; guidati solamente dalle luci che rischiarano la cittadina costiera. Questa sera, a differenza delle precedenti, la passeremo sotto un tetto e per una notte lasceremo le nostre tende nel bagaglio dei fuori strada. Come già avevo notato appena sbarcato a Windhoek, anche qui si respira un aria ancora carica di tensione razziale; la prima raccomandazione che ci porge la proprietaria della guest house dove dormiremo è quella di prestare particolare attenzione ai “colored” e di inserire sempre l’antifurto quando lasciamo le nostre stanze; forse una più equa distribuzione dei beni eviterebbe tutte queste apprensioni visto e considerato che la nostra padrona di casa è anche proprietaria del supermercato dove facciamo la spesa e padrona del ristorante dove facciamo cene…

22agosto2006

In prima mattinata partiamo immediatamente alla volta di Swakopmund; una parte del gruppo questa mattina deve trovarsi per le 8,30 presso un agenzia turistica locale per effettuare un’escursione nel deserto a bordo di piccoli paiper. Del gruppo rimanente, tra cui il sottoscritto, ci concediamo una mezza giornata di relax da dedicare allo shopping ed alla visita di questa strana cittadina che ricorda un paese bavarese con le caratteristiche case con gli inserti in legno e le insegne delle birrerie appese fuori dai locali. Iniziamo la giornata consumando un’ottima colazione al café “Out of Africa” dove le fette di torta al cioccolato assumono dimensioni spropositate ed i cappuccini vengono serviti in tazze coloratissime e strabordanti di soffice schiuma. Proseguiamo la mattinata visitando un mercatino di artigianato in centro al paese dove fanno bella esposizione di statuette di legno e teli dipinti a mano e poi proseguiamo reintegrando i viveri della cassa cucina, in previsione delle prossime notti in tenda. Per pranzo ricomponiamo tutto il gruppo e partiamo alla volta delle pendici dello Spizkoppe; la strada corre velocemente ed è quasi interamente asfaltata e già da lontano iniziamo a vedere la mole del massiccio granitico alzarsi dalla pianura circostante. Il campo in cui montiamo le tende non è attrezzato come i precedenti, ma la bellezza del posto può tranquillamente sopperire a qualche comodità. Prima del calare del sole è tutto sistemato e noi abbiamo guadagnato le nostre posizioni nei punti più alti di un promontorio roccioso nelle vicinanze; il tramonto è forse uno dei più belli che abbia mai visto, le conformazioni granitiche circostanti assumono istante dopo istante una colorazione sempre più accesa fino a quando la luce non scompare dietro la cima delle montagne più alte. Rientrati all’accampamento con l’ausilio delle torce frontali passiamo la serata intorno al fuoco del bivacco raccontandoci esperienze di viaggi precedenti e soprattutto ammirando la volta celeste dove riusciamo ad individuare la Croce del Sud e restiamo affascinati dalla maestosità della Via Lattea che è completamente visibile.

23agosto2006

La temuta notte “polare” scorre via tranquilla ed il tepore del sacco a pelo ci abbandona intorno alle 5:45 quando la sveglia rompe i sogni e ci proietta nella nuova giornata pronti ad assistere al sorgere del sole, su un promontorio poco distante. Anche all’alba i colori che si susseguono vanno dalle tonalità di viola scuro fino all’arancio degli istanti immediatamente precedenti alla comparsa del sole. Dopo colazione e dopo aver consultato le cartine e le guide in nostro possesso, decidiamo di effettuare un breve trekking intorno al massiccio dello Spizkoppe, l’itinerario dovrebbe essere in tutto dai 4 ai 5 km, ma lungo il percorso scopriamo che tutto il periplo è quasi il doppio del tragitto da noi stimati e dovendo ancora dedicare una parte della giornata alla visita della Welwitschia drive decidiamo di ritornare sui nostri passi; in ogni caso la passeggiata di quasi due ore è stata ricca di paesaggi e soprattutto un piacevole diversivo. Nel primo pomeriggio imbocchiamo la strada panoramica Welwitschia drive, famosa per le centenarie piante grasse che hanno dato il nome alla strada. In un punto panoramico la strada si apre quasi a 180° e l’orizzonte si perde su una regione con profondi canyons, quasi totalmente priva di vegetazione. Rientriamo verso Swakopmund sulla più comoda C28; finalmente ci concediamo una calda doccia presso un residence e poi tutti a cena in un tipico ristorante bavarese con dell’ottima ed inaspettata Franziskaner.

24agosto2006

Mattinata di relax e acquisti lungo le vie di Swakopmund, da segnalare i piccoli manufatti in legno e le tele dipinte, poi verso le 11,00 si parte per Sesrim (un nome su di una mappa piuttosto che un paese). Lungo il percorso si attraversano zone completamente desertiche e anche i cartelli stradali che incontriamo non lasciano dubbi sulla reale carenza d’acqua e cibo: si iniziano a vedere segnaletiche del tipo “hungry?” e “thirsty?”. “Solitaire” è il primo paese incontrato dopo il deserto ed è nient’altro che un gruppo di casupole costruite attorno alla pompa di benzina. In questo remoto posto di rifornimento troviamo però una delle più buone torte di mele che abbia mai mangiato (consigliato vivamente). Finalmente verso il tramonto giungiamo nel campeggio di Sesrim: a differenza dei precedenti questo è molto libero per non dire spartano, le nostre tende vengono sistemate sotto un grande albero all’estremità del campo e proprio sul finir del giorno sorseggiamo una birra locale al bar del campo, ammirando il sole che scivola lentamente dietro il nostro variopinto accampamento.

25agosto2006

La sveglia suona alle 4,30 e poi subito in macchina per cercare di arrivare alla Duna 45 prima che il sole sia uscito da dietro l’orizzonte. La strada verso Sossusvlei apre circa mezzora prima dell’alba, ma con una mancia elargita alle guardie,si riesce a passare senza problemi… La salita verso la duna 45 dura circa 1h e si effettua salendo lungo la cresta. Con il giusto dispendio di energia e dopo esserci svuotate le scarpe almeno un paio di volte, raggiungiamo la vetta. Lo scenario si apre su un mare di sabbia rossa e quello che vediamo ripaga appieno la levataccia. Lasciate le imponenti dune e dopo una rapida colazione affrontiamo gli ultimi 5 km che ci separano dal lago salato di Sossusvlei. Una pista sabbiosa dove, nonostante le quattro ruote motrici, ci  insabbiamo. La pozza d’acqua salmastra è posizionata in fondo ad un anfiteatro di alte dune sabbiose e con il passare delle ore la temperatura da frizzante (della prima mattina) diventa poco alla volta sempre più torrida e l’ascesa verso una zona panoramica si fa sempre più faticosa. Arrivati in cima ad una delle dune restiamo, quasi senza accorgercene, alcune ora sdraiati sulla sabbia a sonnecchiare e ad ammirare il paesaggio. Un consiglio per chi vorrà venire in questi luoghi in futuro: cercate di arrivare tra i primi alla Duna 45,  per evitare di trovarvi incolonnati come a “scuola” lungo la salita e se questo non fosse possibile, saltare l’alba alla duna e raggiungete subito la sponda del lago per ammirarla da questo punto. Rientrati nel primo pomeriggio al campo si decide di testare il self service del villaggio, vicino al nostro campeggio; il tutto per 55N$ comprensivi della birra presa come aperitivo (1€ = 8N$). Per facilitare la digestione e non perdere l’abitudine di correre, si improvvisa un breve trekking lungo il letto del Sesrim Canyon. Il passeggiare tranquillo sulla sabbia del torrente in secca viene ravvivato solamente dall’avvistamento di due serpenti che sonnecchiavano, raggomitolati tra le rocce. La serata si trascorre cenando sotto la grande quercia che troneggia sulle nostre tende e poi tutti “in branda”, la giornata è stata particolarmente lunga e faticosa; purtroppo la notte non scorre tranquilla (nonostante la temperatura sorprendentemente mite) un vento fastidioso sferza i teli delle tende.

26agosto2006

Giornata quasi interamente di trasferimento, ci alziamo come ormai di consuetudine, molto presto e una volta smontato il campo, prendiamo la via verso Sud. Attraversiamo una riserva privata avvistando alcuni branchi di gazzelle e di struzzi e giungiamo in serata ad Hobas dove un gradevole campeggio, praticamente deserto, ci accoglie. Lungo il tragitto, uno dei nostri fuoristrada devia il percorso per raggiungere la cittadina di Keetmannshoop, dove alla stazione ferroviaria vengono spediti a Windhoek i tavoli e tutta l’attrezzatura da campeggio noleggiata al nostro arrivo in Namibia.

27agosto2006

Durante la mattina percorriamo il Fish River Canyon fermandoci di tanto in tanto lungo i vari punti panoramici. Il canyon si presenta come un grosso “solco” dalla forma sinusoidale, scavato nella roccia; la vegetazione è pressoché ridotta a qualche sparuto arbusto arroccato alla roccia sull’orlo del precipizio. Questa frattura è lunga in tutto circa 85km ed è possibile effettuarvi un trekking di cinque giorni, ma per chi come noi ha a disposizione solo poche ore, è tassativamente vietato avventurarsi al suo interno; il divieto è diventato perentorio dopo che un turista straniero vi trovò la morte precipitandoci alcuni anni fa. Nel primo pomeriggio giungiamo al Ai-Ais Resort ,dove le acque termali mitigano la nostra fatica accumulata in questi ultimi dieci giorni di viaggio. La cena la consumiamo presso il ristorante dell’albergo con un ricco menù sulla carta, ma nella realtà assai misero…

28agosto2006

Il sonno nelle nostre stanze al lodge viene disturbato dalla presenza di innumerevoli zanzare che arricchiscono lo scarno arredamento delle stanze e dei locali doccia. Dopo una più che abbondante colazione presso il ristorante della sera precedente e caricati tutti i nostri bagagli ci apprestiamo ad attraversare l’ultimo tratto di strada in terra namibiana; giungiamo a Noordoewer dove il confine con il Sudafrica è tracciato dal fiume Oranjerivier. Le formalità burocratiche per entrare in Sudafrica scorrono veloci ed in meno di mezz’ora otteniamo il visto e riprendiamo la strada verso Sud. Lo scenario che si presenta man a mano che ci avviciniamo alla cittadina di Springbok è un crescendo di distese variopinte di fiori di campo, che arrivano a lambire addirittura il ciglio della strada. Giungiamo in città verso le 13,30 e dopo un rapido spuntino con pollo e riso al curry consumato ad un take e way di un supermercato, riprendiamo i nostri fuoristrada per entrare nel parco naturale di Springbok. I fiori visti in precedenza lungo la strada erano solo l’anticipazione di quello che offre la riserva… distese variopinte di giallo, arancio, bianco e blu si stendono sulle colline circostanti, fino a lambire la roccia. Affrontiamo inizialmente un percorso privo di difficoltà , ma appena scorgiamo l’indicazione “ only 4×4” diamo sfogo alle nostre fuoristrada e in alcuni frangenti il percorso si fa difficoltoso ma non abbastanza da demoralizzarci. Rientrati in città prendiamo possesso delle accoglienti stanze dello Springbok Lodge e finalmente abbiamo alcune ore per riordinare le idee e concederci una salutare doccia tonificatrice prima di andare a cena e consumare per l’ennesima volta una tagliata di filetto & chips nella steak house del Lodge.

29agosto2006

La notte, passa veloce e al mattino il cielo plumbeo ci invoglia a continuare il sonno, ma Città del Capo è ancora distante e quindi riprendiamo la via verso Sud. Lungo il percorso si susseguono campi di colza, dalla caratteristica colorazione gialla e praterie lasciate al pascolo del bestiame. Il tempo non accenna a migliorare e ogni tanto siamo sorpresi da scrosci d’acqua violenti, per poi intravedere nuovamente il sole fendere le grigie nubi. La prima cosa che ci viene in mente entrando a Città del Capo è “ma chi ce lo ha fatto fare?” – lungo la super strada che ci conduce in centro, un odore di gas di scarico aleggia tutto intorno ed il traffico ci sovrasta ma nella quiete della guest house tutto riacquista un aspetto più armonioso. Il resto del pomeriggio lo trascorriamo al waterfront, un quartiere costruito in riva all’oceano e animato da vivaci negozi e ristoranti con specialità di pesce. Per cena decidiamo di andare da Mamma Africa, un grazioso ristorante turistico con musica dal vivo e cucina caratterizzata da piatti a base di carne locale, compresi dei gustosi spiedini di coccodrillo.

30agosto2006

Dormita fantastica!!! ma al mattina la sveglia alle 6:30 è un vero tormento… Non vi è però altra soluzione se si vuole andare al mattino a Capo Code e nel pomeriggio a Roden Island. La strada che percorriamo lungo la penisola del Capo è molto panoramica e costeggia l’oceano con repentini cambi di pendenza e scorci che ricordano un po’ il primo tratto di Costa Azzura. Siamo costretti, ad un certo punto, ad effettuare una deviazione verso l’interno a causa di un’interruzione della strada costiera per effettuare dei lavori; la variante ci permette di vedere, almeno dal finestrino, la zona dei vigneti. Al faro di Cape Code accediamo mediante una funicolare a cremagliera, che dal parcheggio dei pulman turistici ci lascia ai piedi della costruzione ,dove una balconata domina sul mare sottostante. Per i più volenterosi, e per chi ha molto più tempo di noi, si possono percorrere innumerevoli sentieri che da Cape Code, lungo tutta la costa, conducono verso il più famoso “Cape of Good Hope”, il punto più a Sud-Ovest del continente Africano. La visita della penisola meriterebbe sicuramente almeno un’intera giornata da dedicare ad esplorare i vari sentieri e trascorrere il tempo necessario presso la riserva marina dove tra passerelle in legno e scogli acuminati nidifica una delle colonie di pinguini africani più numerose. Alle 15:00, dopo una rocambolesca corsa in auto, siamo al waterfront per imbarcarci alla volta di Roden Island; questa piatta striscia di terra si trova a poca distanza da Capetown (circa un’ora di navigazione) ed è quasi interamente disabitata. La prima parte della visita la si effettua a bordo di autobus con una guida in lingua inglese e si compone del periplo dell’isola, con soste nei punti più interessanti dal punto di vista storico e naturalistico, molte piccole specie di animali popolano liberamente l’isola. La parte più suggestiva della visita è la seconda: una guida ci accoglie all’ingresso del carcere che vide tra i suoi malcapitati ospiti anche Nelson Mandela. La nostra guida tra l’altro è stata “ospite” di questo carcere e quindi parla di cose personalmente vissute. È impressionante sostare dinnanzi alla cella dell’ex presidente Sudafricano e constatare che gli unici “confort” ammessi consistevano in due coperte, un secchio di latta ed una ciotola. Quando entriamo nel locale che ospitava il refettorio, un cartello indica sommariamente la scarna dieta dei carcerati e ancora più agghiacciante è la distinzione tra le varie etnie dei detenuti: una persona di colore aveva mezza razione di cibo rispetto a quanto spettava ad un mulatto o ad un asiatico!!! e tutto questo è stato consentito fino all’inizio degli anni ’90; ma com’è possibile che l’unica risoluzione internazionale sia stata escludere il Sudafrica dai giochi olimpici? e se tutto questo è stato permesso in un paese come il Sudafrica, paese che si può annoverare tra la schiera dei più sviluppati quasi alla pari con l’Europa, non oso immaginare quello che può capitare ancora oggi in altri stati non sufficientemente sviluppati come questo.

31agosto2006

Siamo ormai giunti al termine del nostro viaggio in terra africana; dedichiamo la nostra ultima mezza giornata all’ascensione sulla Table Mountain per ammirare con le prime luci della mattina Capetown dall’alto. Per la salita su questa montagna letteralmente in centro alla città, si prende una cabinovia che in alcuni minuti ci porta in quota , da dove diversi sentieri più o meno lunghi consentono la visita al Table Mountain National Park; anche per chi come noi non ha molto tempo a disposizione la vista che si gode da uno dei suoi vari terrazzi panoramici è sublime, specialmente in una giornata serena come quella che abbiamo trovato. Ormai è ora di riprendere la via del ritorno, non ci resta che tornare alla guest house dove una torta ci aspetta per festeggiare la nostra compagna di viaggio Francesca, che oggi festeggia il suo compleanno.

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